Le ferie sono ormai cominciate ed eccomi qui per l’ennesimo anno consecutivo in navigazione su Elena, in compagnia di nuovi e vecchi amici alla ricerca della prossima avventura. Tutto il gruppo accoglie favorevolmente la proposta delle guide e la barca punta verso Tiran, superando gli atolli di Gordon, Thomas, Woodhouse e Jackson e dopo pochi minuti di navigazione iniziamo ad intravedere dalla superficie delle parti metalliche appartenenti al relitto del Million Hope.
Il Million Hope era un enorme cargo con 5 grandi stive e 4 gru a cavalletto montate in mezzo ai serbatoi per la movimentazione dei carichi, costruito presso i cantieri Koyo Dockyard a Mihara-Hiroshima, in Giappone nel 1972. Varata originariamente con il nome di Ryusei Maru cominciò la sua attività come nave da carico navigando per le rotte commerciali che uniscono l’Estremo Oriente con l’Occidente al servizio di diverse compagnie e fu venduto e rinominato sei volte nel corso degli anni: Pacific Royal nel 1975, Linngsbon nel 1981, Feng Shun nel 1987, fino ad acquisire il suo ultimo nome Million Hope nel 1996 quando venne venduto alla Aksonas Shipping Company, Limassol di Cipro.
Lungo 175 metri, largo quasi 25 riusciva a navigare alla velocità di 17 nodi grazie ad un singolo albero ed alla spinta di due motori diesel a 6 cilindri da 11.000 cavalli vapore.
Salpata dal porto Aqaba in Giordania il 19 giugno 1996, la mattina successiva si incagliò sul reef nelle vicinanze della costa di Nabq, poche miglia a nord di Sharm Ed Sheikh mentre trasportava 26.000 tonnellate di potassio e fosfati, più precisamente 15.000 di potassio e 11.000 di fosfato. La causa dell’incidente risulta ancora tutt’oggi avvolta in un alone di mistero; le versioni indicano come cause principali il fumo causato da un incendio nelle sovrastrutture a bordo della nave, la velocità elevata della stessa in condizioni di scarsa visibilità; tali condizioni o la combinazione di entrambe provocarono una drastica riduzione della visibilità che fece perdere di pochi gradi la rotta, facendola incagliare sul reef. Tutto l’equipaggio, prevalentemente filippino si aggrappò alla poppa della nave e si rifiutò di abbandonarla, fino al momento del tragico epilogo. Tutti i 25 membri dell’equipaggio vennero salvati dalle imbarcazioni egiziane e da altre navi in un’operazione congiunta che durò più di 20 ore. Le autorità egiziane si preoccuparono inoltre per la contaminazione e deturpazione dovuta alla fuoriuscita di petrolio e di carburante dalla nave, ma fortunatamente grazie ad un’operazione di salvataggio prima dell’affondamento, il carico della nave fu rimosso e le perdite furono minime/non ingenti. La nave, rimasta in superficie per anni giace attualmente sott’acqua su un fondale sabbioso di 21-24 metri circa, nella posizione 28.03.42N/34.26.40E.
Il Million Hope, secondo più grande relitto del Mar Rosso giace in assetto da navigazione ad una profondità di 24 metri, con il ponte principale a circa 6 metri ed il lato di dritta parallelo al reef. Lo scafo è spezzato in due nella parte centrale e una gran parte delle sovrastrutture, come le 4 grandi gru di carico che per molti anni sporgevano fuori dall’acqua, sono state rimosse durante i lavori di bonifica, come pure l’enorme elica e la pala del timone. Sul fondo intorno alla nave si trovano oggetti in acciaio, resti del Hey Daroma, una nave che affondò nello stesso luogo molti anni prima del Million Hope.
L’immersione
Tutto ormai è pronto; le condizioni meteo marine sono eccellenti essendo questo un luogo battuto tutto l’anno da forte vento ed onde, i subacquei vengono suddivisi in gruppi a seconda delle diverse e singole esigenze ed esperienze, fotografi e video-operatori subacquei, subacquei con mono-bombola, subacquei tecnici con bi-bombola e scooter ed ogni guida esegue il briefing al proprio gruppo. Gli equipaggiamenti e le attrezzature sono pronte ed i subacquei, me compresa, sono tutti ansiosi di entrare in acqua. Ci immergiamo sotto la superficie di questo specchio trasparente d’acqua, lasciandoci alle spalle le immagini esterne ancora visibili e distorte dai movimenti del mare. Ci dirigiamo inizialmente a sinistra del relitto ad una profondità di 24 metri, in corrispondenza di una enorme gru cingolata colonizzata da coralli, alcionari e centinaia di specie di pesci, soprattuto lion fish che hanno trasformato questo ammasso di metallo nel loro habitat naturale. Un ambiente misterioso che non appartiene al mondo esterno, dove io sono l’ospite e al quale devo portare un enorme rispetto. Durante la discesa in profondità dove le immagini si mescolano e l’unico riferimento rimane la luce del sole, diventiamo testimoni di una tragedia del passato; sott’acqua il tempo si ferma, il silenzio e l’immobilità permangono intorno a noi, ci sei solo tu che in compagnia dei tuoi buddies rimani stupito dai resti di questo grande testimone della storia. Iniziamo a nuotare lungo la murata di sinistra dell’enorme nave che difficilmente si riesce a scorgere nella sua totalità, e superiamo la zona squarciata dall’impatto, penetrando all’interno dello scafo e delle stive. Innalzandosi poi di qualche metro e dirigendosi in direzione del castello di poppa vicino alla plancia, la guida ci conduce nella zona degli alloggi, delle officine, dove è ancora possibile intravedere grazie alla luce delle nostre torce, vecchie scrivanie e telefoni, enormi chiavi da meccanico, fresatrici, smerigliatrici, testimonianze della vita umana all’interno del cargo. La giornata è soleggiata e l’abbondante luce che filtra dai numerosi oblò e squarci, rende l’atmosfera all’interno del relitto misteriosa magica e quasi irreale al tempo stesso, un luogo ideale per gli appassionati della fotografia come me. Nelle penombre dei passaggi tra un ambiente e l’altro sono molteplici le specie animali che hanno fatto di questo ammasso di ferro il loro mondo. Ora sta solo alla mia capacità fotografica ed alla mia sensibiltà, cercare di immortalare questo mondo e congelare le emozioni attraverso i miei scatti al fine di condividerle con amici, persone care o che condividono la mia medesima passione. Gli scatti susseguono uno dopo l’altro fino a quando, lo scarseggiare dell’aria nella bombola rende necessaria la procedura controllata di risalita in superficie.
Questo sport è in grado di regalare emozioni straordinarie e speciali. se praticata in compagnia, guidata da un ottimo team di professionisti per renderla più sicura e di un gruppo di amici impareggiabili, la subacquea permette di ricordare queste avventure così eccezionali come indimenticabili esperienze di vita. Sott’acqua non esistono didattiche, scuole, lingue, culture, religioni e posti di provenienza diversi: si è sempre un grande gruppo di persone, vecchie, nuove, amici e conoscenti… Un gruppo unico, uno sport speciale, dove non esiste la competizione ma solo una meravigliosa collaborazione e dove ci si diverte e si scherza in compagnia creando ricordi meravigliosi!